Siamo a Piazza Municipio, un tempo Foro Emiliano: in epoca romana era questo il centro della vita politica e sociale, come raccontano la pavimentazione in lastre di calcare, i resti del Capitolium e gli scavi al Teatro romano.
Consacrata nel 1074, anche la maestosa Cattedrale di San Cesareo sorge sui fasti di una basilica romana a cinque navate. Sul corso dell’antica via Appia, San Paolo sarà probabilmente passato da queste parti per raggiungere Roma e dare vita alle prime comunità cristiane, mentre Sant’Epafrodito sarebbe stato il primo vescovo della città: leggende forse, ma che insieme alle colonne romane,gli archi, le volte e i dipinti medioevali, i fregi marmorei e i mosaici di gran fattura sono la testimonianza preziosa ed affascinante della storia plurimillenaria di Terracina.
Il 9 maggio 2009, grazie alla generosità della cittadinanza e alla sensibilità della Cei e della Regione Lazio, ha avuto inizio uno dei più importanti interventi di restauro della Chiesa, allo scopo di restituirle lo splendore originario.
A un anno di distanza, sono già moltissime le meraviglie che possiamo ammirare.
Saliamo i venticinque gradini che ci introducono al portico che, come il campanile in stile romanico, risale al XII-XIII secolo: sei colonne di granito rosso e grigio d’età romana e i capitelli ionici sorreggono la trabeazione con colorati fregi musivi e l’arco trionfale a tutto sesto.
Ancora sette gradini, e ci lasciamo avvolgere dall’atmosfera sacrale e il rispettoso silenzio in cui i restauratori operano pazienti sotto i nostri occhi.
Marino Di Leta, titolare dell’omonima ditta dei lavori, ci guida alla scoperta di bellezze che erano state ormai dimenticate, se non finora sconosciute.
La navata centrale è separata dalle due laterali da due file di colonne collegate da archi a tutto sesto:
“Abbiamo pulito e ripristinato i capitelli, alcuni dei quali addirittura mancanti, tinteggiato i muri e restaurato gli affreschi della volta a botte”.
Mentre scomparivano però grigiore, macchie e crepe, ecco spuntare sotto gli strati d’intonaco un misterioso dipinto che, con colori tenui, ritrae il volto di un Santo.
Dinanzi a noi, l'altare maggiore realizzato nel 1729 con colonne provenienti dalla Chiesa di Santa Maria de Posterula e un baldacchino in cuoio e legno:
“Abbiamo restaurato anche questo – precisa Di Leta – e, dal momento che stiamo guardando in questa direzione vi faccio notare anche la nuova veste della cupola”.
Conosciuta per il suo blu intenso, è stata riportata alla delicatezza della colorazione originaria.
Anche il coro fu costruito nel 1700, sfondando l’abside dietro l’altare.
I lavori di restauro si sono concentrati sulla statua di San Pietro, che era divenuta completamente nera a causa di un passato trattamento, e sugli affreschi alle pareti e sul soffitto, che ricordano un avvenimento storico di grande importanza:
nel 1088 Terracina fu sede del primo conclave tenutosi fuori Roma, in cui fu eletto al soglio pontificio Urbano II, banditore della prima crociata.
È sempre nel coro che sono emersi frammenti e tracce di mosaici.
Torniamo indietro e, al margine della navata destra, lo sguardo è nuovamente rapito.
L’ambone, da cui venivano proclamate le Sacre Letture, i Salmi e la Parola del Signore, è retto da cinque colonnine poggianti sul dorso di leoni.
Subito accanto la colonna tortile è un vero gioiello dell’arte decorativa medioevale, deputata a ospitare il cero pasquale, simbolo della luce di Cristo Risorto che vince le tenebre della morte e del male.
“C’è ancora da fare –ci tiene a sottolineare il direttore del cantiere – soprattutto per il restauro delle cappelle”.
E noi non mancheremo di aggiornarvi sui progressi, i ritrovamenti e il recupero dei tesori della Cattedrale.